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Marco e Andrea

by Ganimede


Mi avevi dato un appuntamento. Finalmente, dopo mesi di corrispondenza, ci saremmo incontrati e la cosa mi faceva un gran piacere, ma mi terrorizzava al tempo stesso. La differenza esistente tra le nostre età era troppo grande perché non si facesse sentire in modo negativo al momento in cui ci saremmo guardati in faccia per la prima volta. I tuoi genitori erano andati fuori e si erano portati dietro tuo fratello, cosicché eri restato padrone della casa. Ci saremmo incontrati in casa tua e avrei visto dove dormivi, dove lavoravi, avrei toccato le tue cose e... anche te, speravo. Dovevi essere alla stazione ad attendermi e non vedevo l'ora che il treno arrivasse. Ti vidi dal finestrino. Dovevi essere tu, lo immaginai subito. Eri elegante, snello, con un paio di jeans neri attillati e una camicia a maniche lunghe, con i polsini slacciati e appena rigirati. Era caldo, ma parevi non farci caso, tanto apparivi impeccabile. Avevi i capelli abbastanza lunghi e fui subito assalito dal desiderio di tuffarvi le mani e di carezzarli, facendoli scorrere tra le dita. Il treno si fermò, scesi e mi diressi subito verso il giovane che avevo individuato.. Anche tu ti accorgesti di me e restasti fermo a guardarmi. Ero emozionato, ma cercai di non farlo vedere. - Andrea? - chiesi guardandoti negli occhi mentre le ginocchia mi tremavano letteralmente. Tu sorridesti e mi abbracciasti con entusiasmo. Il primo momento d'impaccio era superato grazie alla grande familiarità acquistata nelle lunghe lettere che ci scrivevamo. Ebbi il coraggio di dirti - Mi dai un bacio? Siamo alla stazione! Ti avvicinasti sollecito e posasti le labbra sulle mie. Sarei rimasto in quella posizione per un secolo, ma poi ti afferrai per un braccio e ci avviammo quasi correndo. Ridevamo felici come se fossimo entrambi due ragazzi. In tassì non potevamo fare a meno di tenere le gambe accostate e ci guardavamo in faccia curiosi di scoprire i nostri tratti e ci fissavamo negli occhi. Io ho anche allungato una mano sul tuo "pacco" che si era evidentemente ingrossato e siamo scoppiati in una felice risata. - Tra poco- mi sussurrasti. Nell'ascensore ci siamo baciati. Ho esplorato la tua bella bocca mordicchiandoti le labbra e la mia lingua si è soffermata sulla tua, ricavandone dei veri brividi di eccitazione. Le mani correvano sui corpi carezzando gentili e i nostri respiri si erano, d'un tratto, fatti affannosi. Finalmente in casa! Mi hai preso per mano e mi hai trascinato in camera tua. Ho visto i due letti, il tuo e quello di tuo fratello. Perché non potevo essere io a dormire tutte le notti accanto a te? Abbiamo cominciato a spogliarci. Ti ho slacciato la cintura, poi ti ho sfilato la camicia. Volevo vederti, gustarmi ogni momento, ogni attimo di quei gesti che avevo sognato a lungo. Non portavi la canottiera ed il tuo torace snello e ben fatto era di fronte a me in tutta la sua giovanile bellezza. Ti ha toccato i capezzoli e poi, abbassata la testa, ho preso a mordicchiartene uno che si è eretto, duro ed eccitante. Tu lasciavi fare, ma dopo un po' mi hai scostato e sei stato tu a togliere a me camicia e maglietta. Tu mi hai leccato prima un seno, poi l'altro. Ti ho fatto sedere sul letto, ti ho slacciato le scarpe, ti ho tolto i calzini ... i tuoi piedi erano perfetti, arcuati, con le unghie ben curate ... li ho carezzati e me ne sono poggiato uno, per un istante, sul volto percependo il lieve sentore che ne emanava. Ti ho sfilato i calzoni e, mentre facevo scorrere le mani sulle tue gambe che avevi distese ai lati del mio corpo inginocchiato, ho affondato voluttuosamente il volto sui tuoi slip rigonfi. Ho baciato la forma del tuo sesso, ho inumidito il cotone che lo ricopriva cercandolo con la bocca ed ho aspirato il tuo odore più segreto. Ero eccitatissimo ed ho abbassato in fretta lo slip liberando il tuo cazzo già rigido e stillante una goccia di liquido che mi sono affrettato a leccare. Aveva un buon sapore e non ho potuto rinunziare a prendertelo in bocca leccandolo e affondandolo nella mia gola finché ho potuto. Ho iniziato a pomparti con passione mentre tu poggiavi le belle cosce sulle mie spalle ed io le carezzavo mentre alzavo ed abbassavo la testa tutto preso nel succhiarti. Ogni tanto volgevo gli occhi verso il tuo volto e ti vedevo abbandonato, con le labbra socchiuse e le palpebre abbassate che , a un tratto, hai rialzato e per un istante i nostri sguardi si sono incontrati. C'è stato come un flash nel tuo sguardo ed avrei giurato di aver visto un lampo scaturire dalle tue pupille. - Aspetta - hai gridato sollevando una mano in un gesto di avvertimento. - Aspetta. Voglio vederti anch'io. - Io ho smesso di darmi da fare, ci siamo alzati e tu hai preso ad abbassarmi i pantaloni attentissimo a quello che facevi. PARLA ANDREA Marco, ti ricordi? Eri a torso nudo, ma la vista del suo torso non mi bastava, dovevo vedere ogni millimetro della tua pelle. L’avevo già pregustato attraverso delle istantanee. Durante la nostra corrispondenza un po’ stravagante, ti avevo chiesto di vedere come fossi fatto fisicamente. Sei sempre stato estremamente disponibile e così, nel giro di poco tempo, mi hai mandato qualche foto fatta con la Polaroid e scannerizzata. Un gran bel regalo, veramente gradito. Ti avevo visto nudo di fianco, con la faccia coperta dal flash, col tuo bel culetto sodo in bella mostra. Ti avevo visto di nuovo nudo, di fianco, anche stavolta privo di volto. E poi avevo ammirato la tenerezza e bellezza del tuo cazzo, sia moscio, posato su due pelose e virili palle, sia in tiro; un bell’arnese da monta! Le foto non erano nulla di eccezionale, ma mi interessava il soggetto e non la riuscita delle stesse. Avevo potuto vederti mentre mi mostravi il tuo corpo e la tua attrezzatura da riproduzione, quasi volessi spedirmi attraverso quella immagine un invito esplicito a prendermelo, quel bel corpo. Tutto questo per dirti che il tuo fisico non mi era completamente sconosciuto. Ma una cosa è apprezzare un oggetto attraverso la sua immagine e tutt’altro è gustarlo dal vivo. Questo mi accingevo a fare. Dissi: - Rimani fermo così, ora tocca a me prendermi cura di te . Dalla posizione ginocchioni ti ho fatto alzare in piedi e io mi sono piazzato seduto sul letto. Di nuovo la vista del tuo torace mi ha fatto impazzire, e di nuovo ho preso a stuzzicarti i capezzoli e a spazzolarti i peli che circondano il tuo petto con la lingua. Le tue mani erano ai lati dei tuoi fianchi e le mie mani le hanno raggiunte per intrecciare le nostre dita in una stretta amorosa che già pregustava l’amplesso che ci aspettava. Le nostre dita si sono strette le une con le altre e sono sceso a solleticarti il ventre con la lingua fino a raggiungere la tua cintola e i tuoi pantaloni. Attraverso il tessuto ho potuto constatare che il piacere che avevo ricevuto fino ad allora da te, non era minore di quello che stavi provando tu stesso. Il mio compito, cioè condurti al di là del piacere più estremo, sembrava arduo, visto quanto eri già eccitato e duro. Non mi interessava, quella era la nostra serata, la nostra notte d’amore. Ho lasciato le tue mani e mi sono apprestato a slacciare la tua cinta, ho passato il bottone attraverso l’asola, ho tirato giù la zip, tutto molto velocemente, ma mi sembrava di non sbrigarmi e di non finire mai. Aperti i pantaloni e calatili alle ginocchia, il mio sguardo si è focalizzato sulle tue mutande, un bel paio di slip bianchissimi. La visione di prima, attraverso il leggero tessuto dei calzoni non mentiva, e ora vedevo chiaramente il contorno del tuo pisello, che tirava verso un lato delle mutande per trovare un minimo di spazio, e poter esplodere dalla gabbia di cotone che finora lo teneva chiuso e costretto. – Queste alla fine non te le ridarò più, ma saranno la cauzione che pretenderò per aver messo a disposizione la mia casa – ti ho detto – Anche se credo che alla fine della serata, con tutto quello che succederà, e con tutto quello che faremo, queste mutande non torneranno mai più così candide- mi hai risposto. – Sei proprio il maghetto perverso e carnale che cercavo, sai – ho detto io. Ti ho liberato a questo punto della prigione che negava la libertà al tuo cazzo. Ti ho calato le mutande fino alle caviglie; tu hai alzato alternativamente le gambe e con un colpettino mutande e calzoni sono stati gettati a terra, vicino al letto, privi di vita. Adesso il tuo cazzo aveva riacquistato la sua naturale direzione, perfettamente puntato al cielo, già leggermente scappellato e inumidito di liquido prespermatico. Le tue palle hanno attirato le mie attenzioni. Sono molto pelose e grosse, e io mi immaginavo il succo dolce e amaro che doveva esserci dentro, un succo che tante volte mi avevi raccontato di spremerti fuori pensando a me. E le mie preghiere di non sprecare una tale bontà buttandola via con lo scarico del cesso o chiusa in un fazzoletto, in una maniera così infeconda, senza che nessuno stesse lì vicino a te a gustarsela, finalmente erano esaudite. Finalmente ci sarei stato io che non avrei sprecato tali delizie senza prima essermene saziato a volontà. Le mie mani si sono strette sui tuoi glutei, due sode fette di carne, abbellite da peli serici, morbidi e invitanti. A vedere le tue chiappe così carnose e turgide, mi è venuta voglia di usarle come cuscini su cui addormentarmi fino al giorno successivo, ma solo dopo ore e ore di sesso sfrenato, dopo una intera notte di amplessi sudati, di intrecci acrobatici, di spinte passionali, di darsi e di riceversi. Il semplice contatto delle mie mani sulla tua carne, non mi bastava. Era già molto, dopo tanti mesi di fantasie e di sogni. Ma visto che ti avevo con me, visto che eri veramente con me, volevo di più. - Voltati, per piacere, voglio mangiare il tuo culo, adesso- ti ho detto. Tu, come al solito gentile, non mi hai dato il dispiacere di negare neanche questa ulteriore mia richiesta. Ti sei voltato e mi hai offerto il tuo bellissimo culo, arcuando la schiena in modo da esporre per quanto potevi il meraviglioso buco che ti ritrovi tra le chiappe e ulteriormente aprendole con l’aiuto delle tue mani possenti e curate. Prima di affondare tutta la mia faccia dentro, entrandoti tutto fino nell’intestino se solo avessi potuto, decisi che volevo esplorarti con ogni mio senso. La mia vista aveva già avuto il suo regalo. Il tatto aveva assaggiato anch’esso qualcosa. Ma chiedeva il bis. Per cui mi sono inumidito il dito medio della mia mano destra, poi un altro e ho deciso di far loro fare capolino dentro di te. Non è stato un lavoro troppo difficile. Nonostante l’eccitazione che si sentiva quasi palpabile nella camera, tu eri rilassato dietro, e mi hai permesso di entrarti dentro, prima con uno, poi con l’altro dito. Sono riuscito a ficcarteli dentro per tutta la loro non eccessiva lunghezza, tanto che la mano ha urtato sul tuo culo. Avrei proprio voluto poter entrare con tutto me stesso! Adesso sentivo pulsare vivi i muscoli del tuo sfintere, e sentivo la stretta che facevano sulla mia carne. Io restavo fermo con le dita dentro, cercando di prepararti allo sfondamento che fra poco avresti ricevuto dal mio cazzo, ma per fare questo dovevo spianare la strada. Gli spasmi del tuo sfintere mi eccitavano sempre più e anche il mio uccello ormai pareva pulsare di vita propria. Avevo quasi paura che senza controllo mi esplodesse, ancora prima di entrare in azione. Ho ritratto piano le dita da dentro te, millimetro dopo millimetro. Sono uscito fuori finalmente; e adesso era l’olfatto che voleva il suo premio. Mi sono avvicinato le dita al naso e ho aspirato a pieni polmoni, come se quell’aroma fosse ossigeno iniettato nei bronchi di un asmatico e tachicardico. L’odore che sentivo e che non dimenticherò mai, era un misto dell’odore della mia saliva e del più virile, maschio, muschiato, carnale, sensuale, primitivo, intrigante profumo di ciò che di più prezioso e intimo e nascosto e segreto c’è di un uomo; e l’uomo di cui parlo è veramente un grande uomo. Mi porterò questo odore per sempre con me, diventerà parte di me, come l’odore amorevole di una mamma per il suo bebè. Ne diverrà una sorta di impronta genetica e di sensazione primordiale e incancellabile. Non posso trattenermi dal tirare fuori la lingua e leccare le due dita che come pionieri hanno portato avanti per primi la ricerca e l’esplorazione del tunnel dell’amore e della passione. Leccavo e succhiavo e assaggiavo come un pazzo, come se non potessi spingermi più avanti di così. Ma mi rendevo anche conto che tutto era appena cominciato. Adesso sì, che mi tuffai a pesce con la faccia sulla rosellina del tuo culo! Prima, dal vero maiale che sono, dispiegai la lingua e come una terza mano aperta, mi avventai a leccare sul tuo buchetto. Per niente delicata, sebbene molto vellutata, la mia lingua sembrava raspare sulla tua carne morbida, rosa e delicata, come fa un cane quando si abbevera ad una fontanella. Anch’io mi stavo abbeverando del tuo odore, del tuo aroma, della tua essenza. E come un assetato, ne volevo sempre di più, non mi bastava mai. Quasi sazio, strinsi la lingua e la resi appuntita, creando una forma più adatta a penetrare in te, nuovamente, ma questa volta per te era decisamente più piacevole. Con le mani, ora libere, da sotto le gambe che avevi leggermente divaricato, ti arrivai davanti, e con la destra ti serrai il cazzo, oramai arrivato a dimensioni maestose, mentre con l’altra ti presi a coppa le palle. Ero tutto un massaggio, una carezza, un allisciamento; il calore che sprigionava il tuo corpo mi dava energia; facevo quasi fatica a tirare verso il basso il tuo uccello, per quanto era duro e turgido. Pensai che forse si stesse per spezzare, ma volevo tirartelo giù, costringerlo ad assumere una posizione innaturale per la sua momentanea forma. La forza di gravità non mi era di nessun aiuto. E sapevo che questo ti doveva dare ancora più piacere. Mi sarebbe piaciuto che anche il tuo cazzo potesse puntare al tuo fantastico buchetto. E così avrei potuto leccare e assaggiare assieme tutto quello che amavo più di tutto di te in quel momento. - Se continui così non durerò ancora per molto, Andrea- mi dicesti. Ed io, che ero sì affamato di te, ma che al tempo stesso ti volevo per tutta la notte, mi bloccai. Mi alzai dal letto su cui ancora ero seduto, e ti dissi: - Adesso andiamo incamera dei miei. Il letto è più grande e comodo e c’è un grande specchio di fronte, così ci vedremo riflessi mentre scopiamo . PARLA MARCO Ci siamo incamminati verso la camera dei tuoi. Ti vedevo camminare di fronte a me e apprezzavo la forma squisita dei tuoi glutei. Un ragazzo che cammina nudo è uno spettacolo della natura e io mi sono sempre commosso alla vista della delicatezza del corpo di un adolescente. Sì, lo so, tu non eri più un adolescente a 25 anni, ma ne avevi il fisico. Nessuno ti avrebbe dato tutta la tua età. Ci siamo tuffati sul grande letto come se ne andasse della nostra vita ed io ti ho allacciato da dietro, premendomi su di te. Sentivo il mio cazzo farsi posto tra le tue chiappe e con le mani ti stringevo a me come se volessi sfuggirmi. Cosa che non pensavi affatto di fare. Hai cominciato a muoverti strusciandoti su di me ed io stavo di nuovo per venire, ma ancora non volevo farlo. - Aspetta -, ti ho ordinato. - Alzati, scendi dal letto. Eravamo in piedi di fronte allo specchio ed altri due Marco e Andrea ripetevano i nostri gesti. Mi sono messo di fronte a te. I nostri cazzi pulsavano ed erano abbondantemente inumiditi. La cappella del tuo bel cazzo era scoperta completamente ed il suo colore violaceo, come di prugna matura, mi invitava a prenderla senz'altro in bocca. Ma avevo altro in mente. Il mio prepuzio è piuttosto lungo e non scopre mai completamente la cappella. Ho fatto in modo che i nostri cazzi si fronteggiassero, punta contro punta e li ho accostati. Tu mi hai guardato e ti ho sentito rabbrividire. Ti ho sorriso ed ho cominciato a coprire la tua cappella con il mio prepuzio, tirandolo in avanti. Sentivo il calore del tuo glande che premeva sul mio, ora che erano incappucciati assieme. Ho cominciato a far scorrere la mano che teneva i due membri uniti e ti ho visto spingere il bacino in avanti. Percepivo i tuoi fremiti ed ho visto i tuoi occhi diventar torbidi mentre li fissavi sui miei. Ho letto la passione e la lussuria sul tuo volto ... e l'appagamento. Ho cominciato a sentire la tua sborra che usciva da sotto la pelle del mio prepuzio bagnando la mia cappella e schizzando incontenibile sulla mia mano. Non ho potuto più trattenermi e anch'io sono venuto. Ho stretto, con la mano che li univa, i nostri cazzi, ma il nostro seme congiunto sprizzava fuori ruscellando e larghe gocce finivano sul pavimento staccandosi dai fili che per un istante le invischiavano. Avevo la mano tutta imbrattata, quando ho lasciato i nostri cazzi e l'ho sollevata. - Aspetta - hai detto avvicinandole il volto. E hai voluto leccarmi un dito assaporando. Io ho fatto lo stesso. Ognuno di noi stava assaggiando la propria sborra o quella dell'altro? I nostri fluidi si erano uniti come lo erano i nostri spiriti in quel momento e non erano più distinguibili gli uni dagli altri. Ci siamo abbracciati e baciati a lungo, poi ci siamo ripuliti alla meglio con delle salviette e ci siamo distesi per riposare un po'. Credo anche che ci siamo appisolati qualche istante, abbracciati assieme sul letto, ma presto ho sentito di nuovo la tua mano che carezzava. - Andrea - ti ho detto - voglio che oggi ognuno di noi possieda l'altro. - Certo, anch'io lo voglio - hai risposto poggiando le tue labbra sulle mie. - Ma non hai qualche lubrificante? Non abbiamo ancora vissuto questa esperienza ed i nostri buchetti, all'inizio, non ne vorranno sapere. - Che possiamo usare? - Olio? - ho suggerito. Detto fatto, sei andato in cucina e ti sei procurato un'ampolla d'olio. - Sdraiati sul letto a pancia sotto" ti ho detto. Ti ho fatto colare un sottile filo d'olio proprio sul buchetto ed ho preso a massaggiare muovendo le mani in modo rotatorio. Un altro po' del liquido e ancora massaggio, finché non ho introdotto un dito all'interno del tuo ano. Lo facevo vibrare e ti vedevo ansimare per il piacere. Poi ho inserito due dita e tu hai aperto per un attimo la bocca come per protestare, ma con un profondo sospiro hai taciuto. Mi pareva che fossi pronto e mi sono avvicinato premendoti contro il mio cazzo di nuovo esigente ed in piena erezione. Pian piano ti sono penetrato dentro ad ho cominciato ad agitarmi. Ora non eri più teso e stavi godendoti l'inculata. - Marco - hai bisbigliato - è ... è meraviglioso. Io ho accentuato i colpi ed il va e vieni ha aumentato il ritmo. A un tratto ti sono uscito fuori e ti ho fatto girare. - Voglio vederti in faccia - ti ho detto. Ora ti scopavo guardandoti. Eri sulla sponda del letto, con le gambe allargate ed alzate, ed io, in mezzo, carezzandoti le cosce, affondavo nella tua carne ormai con facilità. La tua faccia mi sorrideva, ma i tuoi occhi erano offuscati dal piacere e, forse, non mi vedevano. Mi sono chinato, continuando a chiavarti, e ti ho baciato sulla bocca. Hai risposto immediatamente succhiando la mia lingua ed io sono affondato contemporaneamente nel tuo culo col cazzo e nella tua bocca con la lingua. Avrei voluto mischiare fin le cellule del mio corpo con quelle del tuo, avrei voluto che da quell'amplesso ne uscisse una persona sola, composta dalle nostre due unite per sempre. Ero al culmine, ormai, ed ho cominciato ad eiaculare con forti spruzzi riempiendoti l'intestino e non ho potuto fare a meno di gemere, ma tu non mi hai lasciato solo ed ho sentito anche la tua voce unirsi alla mia. Da un po' ti stavi masturbando ed a sentire il calore del mio sperma nel tuo intestino, anche tu sei venuto con lunghi getti. Mi sono accasciato su di te, ricoprendoti e ti baciavo la bocca, il collo, sul petto. Mi sono messo a succhiarti un capezzolo, come se fossi un neonato affamato. In effetti ero affamato di te e sarei rimasto per sempre abbarbicato al tuo giovane corpo. PARLA ANDREA Io stavo disteso sul grosso letto dei miei, languido come solo dopo una salutare scopata si può essere. Su tutto il mio corpo, c’erano le tracce lasciate dall’immenso piacere che avevo provato a sentirti dentro di me; dentro il mio corpo c’erano le tracce lasciate dall’immenso piacere che tu avevi ricavato usando il mio corpo. Questa consapevolezza mi faceva sentire in paradiso e volevo che il momento di beatitudine che provavo in quegli istanti non finisse più. Ma tu mi hai ridestato da quell’estatica contemplazione di noi due, con i movimenti agili ed esperti della tua lingua che mi spazzolava e mi solleticava i capezzoli. Sono piacevolmente ritornato su questa terra, risvegliato alla carnalità. La tua faccia sopra il mio corpo, a stuzzicare la mia pelle, la tua lingua ancora non sazia ma avida di leccare il mio succo. Pur volendo rilassare ogni mio muscolo, non ci sono riuscito, e quasi immediatamente il sangue ha ripreso a tumultuare nelle mie vene, e a rinvigorire il mio pisello. Vederti correre sul mio corpo per ripulirlo dal disastroso sfogo sessuale di prima, non poteva non eccitarmi di nuovo. Ho spalmato il mio corpo ancora di più sul letto, distendendo una gamba per fartici salire sopra, e alzando l’altra per offrirti meglio il mio sesso. In quel momento ho avuto anch’io voglia di bere, di bere la tua essenza. Con una mano sono arrivato ad accarezzare la mia natica esposta, e poi mi sono spinto oltre, ficcando un dito nel buco del mio culo per inzupparlo nel tuo seme, che copioso come non mai si faceva strada per ritornare alla luce. Ho raccolto il liquido viscoso e lattiginoso per quanto più ne potevo e me lo sono portato alla bocca, succhiando il mio dito come se fosse il tuo cazzo. Mente ripetevo l’operazione, tu hai ripreso possesso del mio cazzo e l’hai ingoiato, ancora non completamente in tiro, prendendotene cura e cullandolo tra le pareti morbide e vellutate della tua bocca. C’eri riuscito, di nuovo mi sentivo pronto a riprendere l’amplesso che credevo fosse finito poco prima. Tu eri un maestro nel ridestare l’interesse del tuo amato. - Basta Marco, aspetta un attimo, fermati. Adesso tocca a me approfittare del tuo culo, come volevo fare prima che ci interrompessimo - ti ho detto. Hai alzato gli occhi senza lasciare andare subito il mio pisello dalla tua bocca. Non serviva usare le parole, era sufficiente lo sguardo perché tu mi rispondessi. Sono uscito da te, ti ho aiutato ad alzarti e ti ho accompagnato a prendere posizione. - Mettiti con le braccia appoggiate alla ringhiera del letto, in fondo, di fronte allo specchio. Sì, così. Piazzati a quattro zampe, voglio prenderti alla pecorina - ti ho detto. Mi faceva eccitare da matti quel termine, così animalesco e bucolico. Tu hai seguito le mie parole. - Aspetta, prendo la boccetta dell’olio, per lubrificarmi - mi hai detto. Ma io ti ho bloccato prima che ti muovessi. - Non ti preoccupare, ci penso io a prepararmi la strada, e senza bisogno di altro se non quello che abbiamo già qui. Avevi fatto un gran bel lavoro di pulizia, ma sul mio corpo c’era rimasta ancora qualche chiazza di sperma, e avevo intenzione di usare quella per infilarmi dentro di te senza attriti e senza frizioni. Senza che te lo dicessi ho sentito che hai fatto un bel respiro, cercando di rilassare i muscoli del tuo culo, e spingendo le chiappe verso di me, offrendomi maggiore possibilità di manovra, e mostrandomi, come avevi fatto prima, la tua più preziosa intimità. Con le dita e con le mani ho raccolto il mio succo, prezioso per l’occasione a cui serviva, e ho cominciato a spalmarlo con dovizia e con meticolosità, come avevo iniziato a fare precedentemente, attraverso il tuo buco, dentro il tuo culo. - Penso che tu sia veramente pronto, adesso -. Ho detto. - Sì che lo sono, Andrea. Non vedo l’ora di sentirti dentro di me. Sono talmente tante le volte che di notte ho bagnato le lenzuola sognando di questo momento, che ancora non mi sembra reale - mi hai risposto. - Credo che quando ti penetrerò, capirai che non si tratta di un sogno, ma della realtà, della realtà di noi due finalmente assieme - ho detto io. - Tieniti forte, Marco, che si comincia - ti ho avvertito. Mi sentivo come se stessi sulle montagne russe, a dover tranquillizzare, chi vicino a me, non aveva mai provato nulla del genere, e che alla gran voglia di cimentarsi, contrappone un pizzico di paura. Che stupido! Mi sono piazzato dritto in ginocchio dietro di te, ho piazzato una mano sul tuo culo, e con la destra ho afferrato il mio cazzo, che oramai aveva capito il lavoro che avrebbe dovuto eseguire e si era pompato per portarlo a termine nel migliore dei modi. Ho piazzato il mio uccello a contatto del tuo buco, e ho sentito il fremito che ti ha scosso tutto il corpo. Mi sono fermato. Ho spinto con forza, ma non per entrare, bensì per slittare il mio cazzo sotto le tue palle che parevano ancora inspiegabilmente piene. Così, all’improvviso, ho voluto allisciare con il mio membro i tuoi genitali, strofinare assieme i nostri cazzi, il mio cazzo con le tue palle, e contemplare la scena attraverso lo specchio. - Cosa fai? - mi hai domandato. - Niente, Marco, volevo solo fotterti da sotto, sentire l’effetto che si ha quando si struscia il pezzo di carne più sensibile, in mezzo alle gambe di un altro. Hai capito le mie intenzioni, e con solerzia hai stretto le cosce, per stringerti attorno al mio uccello, e consentirmi di scoparti tra le gambe. Hai portato una mano sul tuo cazzo per riuscire ad accarezzare anche il mio quando mi spingevo tutto in avanti e te lo ficcavo tutto sotto. - Come sei sensuale, Andrea - mi hai detto. - Lo so, ma ho avuto un gran maestro, anche se con lui solo adesso sto mettendo in pratica quanto ho imparato. Non volevo sborrare in quel modo, era il tuo culo che volevo prendermi. Così mi sono fermato poco dopo. Mi sono rimesso nella posizione di penetrarti dietro, tu hai riallargato le chiappe, spalancando per quanto potevi il buchetto roseo. Ho piazzato di nuovo la punta a contatto con la tua rosa di carne semiaperta. Altro respiro profondo, sia tuo che mio. Ho sentito che a quel punto la tua voglia di sentirmi dentro era quasi superiore alla mia; mi sembrava quasi che il mio cazzo pronto sulla tua carne tenera, sentisse l’ansia e la brama che aveva il tuo culo di succhiarlo dentro, di farlo suo, di appropriarsi del suo volume, della sua consistenza, del suo odore, del suo sapore, del suo tutto. Se anche non avessi spinto avanti il mio pisello, ero sicuro che in quei momenti sarebbe stato preso comunque. E ho affondato il colpo. Il movimento non è stato veloce, né lento. Un’unica spinta in avanti del mio bacino, continua, decisa, potente, audace, ma al tempo stesso delicata, sicura, vigorosa ed ero tutto dentro di te. Fino in fondo mi hai preso nel tuo corpo, fino a baciare con le tue chiappe il mio ventre, fino a stringere in un bacio le nostre palle. Ho sentito la tua gola emettere un suono strozzato, soffocato, di dolore? di piacere? Ho visto attraverso lo specchio il tuo viso contrarsi, i tuoi occhi stringersi, per il dolore? per il piacere?, ho visto la tua bocca aprirsi per cercare forse di dire qualcosa, che dovevo fermarmi? che dovevo continuare?, e tutto questo è stato così arrapante, così eccitante, che qualunque cosa fosse, in quel momento io ho deciso che doveva essere il piacere che tu mi chiedevi di darti. Avrei voluto avere una dozzina di altri cazzi a disposizione per riempirtene quella bocca ancora spalancata, e per sfondare quel culo non troppo chiuso e non troppo resistente. Oh, amore mio. Invece ho solo allungato una mano e ho ficcato il dito più grosso che avevo tra le tue labbra, e tu hai capito immediatamente il messaggio, e hai preso a succhiarlo, a leccarlo, a baciarlo come prima avevi fatto con il mio uccello. Ero dentro di te, completamente, e non mi ero ancora mosso dalla prima spinta. Aspettavo non so cosa, forse che il momento non finisse mai. Poi mi sono mosso. Mi sono tirato indietro, ma leggermente, non volevo uscire più di tanto da te. Ho arcuato la schiena all’indietro in modo da avere una visione del mio corpo a contatto col tuo, del mio uccello appena visibile tra le tue carni. Lì stava bene, come non mai, e tutto il tuo corpo mi sembrava come il giusto completamento del mio corpo nudo. In quella posizione, con quell’atmosfera, tu eri la naturale custodia del mio cazzo. Volevo arrivare a schizzarti in bocca, ma passando da dietro, dal tuo culo. Ero sconvolto, e ho preso a muovermi con agitazione. Volevo averti con forza, ma senza dimenticare la dolcezza; con virilità, ma romanticamente; con avidità, ma regalando tutto di me. E spingevo, mi spingevo sempre più dentro di te, quasi non volendo mai indietreggiare ma solo andare avanti. Credo che se non mi fossi controllato, sarei sprofondato dentro di te. Sempre continuando nella mia cavalcata, mi sono accostato col torace alla tua schiena. Il nostro contatto era quasi totale, la mia bocca era sul tuo orecchio, e tra un morsettino al tenero lobo, e una leccatina al tuo collo, ti dicevo parole come “ti amo”, “sei mio e non ti lascerò mai”, “siamo solo all’inizio”, e altre più porche, più volgari. E tu mi rispondevi con lo stesso genere. Trottavamo su quel letto come stalloni, sì, due stalloni. Ad un certo punto ti ho detto: - Voglio sentire tutto il tuo corpo sotto il mio, voglio che tutto di noi due sparisca e rimanga una sola cosa. Voglio entrare in te, e sparirti dentro. Voglio che tu sia il mio materasso. Mi ricordai delle volte che ti avevo raccontato, per lettera, delle infinite notti che passavo scopando il materasso del mio letto pensando a te, immaginando che lì sotto ci fosse la consistenza della tua carne e non le soffici lenzuola. Sono uscito dal tuo culo, solo allora. Tu ti sei sdraiato lungo, culo all’aria, buco ormai piuttosto aperto, gambe divaricate il giusto per permettermi di prendere posizione di nuovo dentro di te. Non eri come tanti che una volta fatti uscire non ti fanno più rientrare, anzi. Il mio rientro è stato gradito quasi quanto il mio primo ingresso nel tuo nascondiglio. Abbiamo ripreso dove avevamo lasciato. Con la differenza che se anche non potevo più vederti in faccia attraverso lo specchio, potevo toccare ogni millimetro della tua pelle, ogni piega del tuo corpo, strofinarmi a te non solo con il ventre, ma con il torace, le gambe, la testa, ed entrarti sempre più in profondità. Sempre di più. Tu arrivavi a portare le mani indietro e a toccarmi la schiena, il fondo schiena, il culo; arrivavi ad afferrarmi le chiappe e ad aprirmele; arrivavi ad accarezzarmi dove più gradivo senza che io ti dicessi nulla al riguardo. Non durò che pochi altri minuti, quell’atto d’amore. E la cosa straordinaria fu che sei venuto tu per primo, godendo tu stesso del piacere che io stavo prendendo dal tuo corpo, dalla tua carne. - Sto schizzando, sto sborrando. Andrea, Andrea, vengo - mi hai detto. - Ma mi hai preceduto solo di poco. Pochi secondi, pochi attimi e il mio sperma ha dissetato il tuo intestino, inondandolo e dilagandolo con il mio frutto, regalando a te quello che nei mesi precedenti, quelli del nostro amore virtuale, il tuo corpo era andato chiedendo. Sfiniti, sudati, appagati, madidi dei nostri aromi, estasiati, siamo crollati nel più fertile, riposante sonno della nostra vita, senza muoverci, senza cercare una posizione migliore di quella assunta fino ad allora, con te sotto di me, con io ancora dentro di te. Mi sono svegliato che la tua mano mi carezzava il viso. Che splendido risveglio! Eravamo ancora come mi ricordavo ci eravamo lasciati. Ti ho baciato sulla guancia e ti ho dato il buongiorno. - Devo alzarmi, devo andare in bagno, Marco. Scusami. - Aspettami, Andrea, vengo anch’io. Ci siamo alzati, completamente nudi, ma rivestiti dell’intimità che avevamo raggiunto, e ci siamo messi accanto alla tazza del water. Ciascuno di noi l’ha preso in mano ed abbiamo dato inizio ad una meravigliosa pisciata. Ci guardavamo in faccia, guardavamo i getti che i nostri stanchi piselli emettevano, ne sentivamo lo scrosciare, e siamo scoppiati a ridere. Ci sentivamo così uniti, assieme, così consapevoli che niente avrebbe più potuto separarci, che non abbiamo potuto fare a meno di abbracciarci. Ci siamo abbracciati senza smettere di pisciare e così ci siamo bagnati reciprocamente. Ma che importava? Eravamo l’uno nelle braccia dell’altro! Autori: ANDREA (a_far72@hotmail.com) MARCO (merlino88@hotmail.com) Due to international translation technology this story may contain spelling or grammatical errors. To the best of our knowledge it meets our guidelines. If there are any concerns please e-mail us at: CustomerService@MenontheNet

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