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La Cagna Di Mare

by Navy Men


Alla lettura della storia del “marinaio e dei ciclisti”, ho rivissuto i primi anni del mio arruolamento nella Marina Militare che trascorsero in maniera opposta rispetto a quelli raccontati in quella storia. Nel 1964, allora diciottenne, mi arruolai nella Marina Militare come marinaio ausiliario (l’uomo tuttofare senza aver assegnato un compito specifico). Ero un ragazzo assai addolcito fisicamente, grazie agli sport praticati, possedevo una muscolatura appropriata (ma non esuberante), con braccia, petto, addominali, cosce e natiche ben proporzionate fra loro, sode e rotondeggianti. Non presentavo parti mollicce per grasso superfluo o ossature in rilievo, in quanto avevo tutto il corpo rivestito da una adeguata muscolatura, e non avevo ancora sviluppato la peluria, ad eccezione del pube e di una traccia di barba sul viso. Come si capisce ero un appetibile bocconcino su cui “sfogare le esigenze sessuali maschili”. Il giorno dell’arrivo in caserma, durante l’interrogatorio, mi fu chiesto se sessualmente ero attratto dagli uomini, se apprezzavo la bellezza fisica anche in un corpo maschile, se non ero più vergine essendo stato posseduto da un maschio. Io prontamente negai tutto, pur esitando per un attimo alla domanda sulla bellezza fisica di un corpo maschile. Successivamente, prima di essere assegnato alla camerata, fu eseguita la visita medica ai nuovi arruolati. Dopo averci fatto spogliare completamente, uno fra i vari accertamenti, era la costatazione della nostra verginità. Ci fecero accucciare tutti insieme, ordinandoci di spalmare nel culo un’unzione per poi inserirci nel buco un piccolo pene di gomma e contare fino a sessanta. Solo successivamente fu detto che certamente non era vergine a chi si era rizzato l’uccello, o aveva contato lentamente o aveva ruotato il culo per inserire il piccolo pene in maniera migliore. Io, pensai, fortunatamente non avevo avuto nessuno di questi comportamenti nell’effettuare la prova. Una volta assegnati alla camerata ogni marinaio più anziano pretese un nuovo arrivato per essere accudito ed assecondato. Io non fui scelto da nessuno, ma capii presto il motivo. La sera stessa, dopo il rientro in camerata per trascorrere la notte, fui comandato di rimettermi l’uniforme e di raggiungere la stanza dell’Ufficiale di Giornata che aveva una consegna da assegnarmi. Una volta entrato nella stanza vidi che c’era un giovane tenente seduto, e dietro a lui molti marinai. Il tenente esplicitamente mi disse: “sei stato scelto come cagna di bordo in quanto sei la recluta più ‘carina’ arrivata, e sei sempre vergine, congratulazioni e svolgi bene il compito assegnato”. Poi proseguì ordinandomi “spogliati e ricordati che quando sei a svolgere questo compito devi rispondere sempre ‘sissignore obbedisco’, e comportarti come una femmina nei confronti del suo maschio”. Io ero sbalordito da questo, ma mi rendevo conto che non avevo altra alternativa da seguire. Dopo essermi spogliato completamente, mi imposero di andare a prendere del burro nella stiva, per meglio farmi inculare, attraversando tutte le camerate. Risposi sissignore obbedisco, e nudo mi recai in cucina. Passando per le camerate sentivo ghignare alle mie spalle e dire “ecco la nuova cagna di mare, che bel bocconcino, vedrai come ti brucerà il culo anche con il burro”. Mi sentivo profondamente umiliato, ma anche alquanto eccitato da il mio compito assegnato. Percorrendo le camerate potetti costatare che tutti i marinai, arrivati in caserma insieme a me, stavano facendo da femmina ai militari a cui erano stati assegnati. Ritornato con il burro, il portavoce dei marinai disse “comportati da brava mogliettina, spoglia il tuo stallone militare, eccitalo e fallo godere il più possibile, perché meglio ti comporti con lui, e meglio vieni trattata”. “Sissignore obbedisco” risposi, cominciando a rimuovere il cappello al giovane tenente. “Devi sapere” proseguì il marinaio “che questa è la vostra luna di miele, perché è la prima notte per tutti e due, te nel farti fottere, e il tenente perché ancora non è mai stato a letto con un uomo o con una donna”. A sapere che anch’io avrei “sverginato” quel giovane militare, mi eccitai, promettendomi di impegnarmi al massimo nel far godere il mio uomo. Sbottonai delicatamente tutti i bottoni dorati della sua casacca, poi cominciai a rimuoverla baciandogli e leccandogli il collo e le orecchie. Una volta rimossa la casacca slacciai la cravatta, e sfilai la camicia. Vidi che anche lui aveva un fisico asciutto e muscoloso, gli esercizi fisici dell’Accademia Navale lo avevano ben sviluppato. Gli slegai le scarpe, sfibbiai la cintura e cautamente abbassai la lampo dei pantaloni. Una volta tolti i pantaloni rimase con i calzini in cotone bianchi, le mutande boxer d’ordinanza (quelle in cotone con lo spacco per pisciare e due bottoncini per allacciarle in vita), e la canottiera bianca. Mi proposi di non affrettarmi nel farmi fottere (ormai rassegnato anche se imbarazzato ed umiliato nei confronti dei militari che assistevano alla scena) cominciai ad accarezzargli le cosce con entrambi le mai. Poi lo rigirai, continuando ad accarezzargli le cosce sul retro, fino a spingermi a solleticargli le rotondeggianti natiche infilando le mani dal fondo delle mutande boxer. Sentendo quel culo sodo e un poco peloso la mente volò ai culi femminili che avevo sodomizzato, ma ammisi che, a seguito delle sensazioni che provavo accarezzando quelle natiche maschili, in quel momento avrei preferito inculare quel militare rispetto a qualsiasi culo femminile. Quando mi accorsi che il giovane tenente era assai eccitato lo feci mettere in ginocchio divaricandogli un poco le cosce, e dal retro cominciai con una mano ad infilarmi nelle mutande boxer, solleticandogli il pube, con l’altra accarezzavo alternativamente i suoi capezzoli irrigiditi, e con la lingua e la bocca gli stuzzicavo un orecchio ed il collo (accorgendomi che era assai sensibile nel tratto del collo scoperto dalla rasatura dei capelli). Per eccitarlo all’inverosimile cominciai a dirgli che era un vero stallone militare, ed infine: “vedrai ora come la tua mogliettina ti farà godere, sarà una nottata indimenticabile, voglio essere sverginata dal tuo uccello possente”. Ero talmente immedesimato nella parte, che credevo veramente a ciò che dicevo. Mentre dicevo queste cose, gli sbottonai le mutande boxer, e cominciai ad accarezzargli la base dell’uccello e il sacco delle palle. Non avevo mai toccato un uccello ad un uomo, ma la cosa mi eccitava, in particolar modo mi eccitavo a far godere quel giovane marinaio, consapevole della sua inesperienza sessuale. Successivamente, sempre con le mutande boxer solamente un poco abbassate, cominciai ad accarezzargli l’uccello, sentivo che era teso, ma non sapevo giudicare quanto ancora si sarebbe potuto indurire. Il tenentino, quando con la mia mano circondai completamente il suo uccello, cominciò ad ansimare, allora io, lentamente e con ritmo costante, comincia a masturbarlo. Continuai a masturbarlo per alcuni minuti, fino a quando sentii che il suo uccello fremeva intensamente. Senza alterare il ritmo porsi l’altra mano frontalmente la cappella, pronto a raccogliere la sua sperma. Con schizzi poderosi emise il suo seme, lo raccolsi quasi tutto nella mia mano, ma una parte fuoriuscì, andando a finire sui suoi boxer bianchi. Continuai a masturbarlo fino a quando sentii che il cazzo diminuiva di consistenza, allora sussurrai: “non ti preoccupare caro mio tenente, ci penserò io a lavare e stirare le tue mutande, ora pensa a sverginarmi”. A queste parole sentii che il suo uccello ebbe un sussulto, allora prontamente gli rimossi i boxer e la canottiera, lasciandolo con i calzini. Anche se mi facevo forza, ero assai umiliato e seccato di perdere la mia verginità davanti a tutti quei marinai che sfottevano e ghignavano, in particolare sentii una voce dire “anche se ora è meno rigido, sentirai come frizza quando te lo mette in culo”. Proseguendo nel mio compito di “brava mogliettina”, cosparsi il suo corpo e le sue cosce con la sperma appena raccolta, successivamente lo leccai tutto per ripulirlo da quell’impiastriccio. Devo dire che il sapore della sperma non era nuovo per me, in quanto una volta da ragazzo persi una scommessa, dovendo così bere la sperma di tre miei amici che avevano riversato in un bicchiere. Anche se il corpo del giovane tenente non era per niente peloso, provai una sensazione piacevole, e di sottomissione, nel leccargli ed accarezzargli la pelle, in particolar modo nella zona degli addominali, e lungo le cosce dure e muscolose. Mentre ero supino a ripulirlo, gli proposi di tastarmi il culo. Poi mi misi a quattro zampe, mi unsi il culo con il burro, e lo pregai di fottermi come una cagna. Il militare si alzò, mi allargò maggiormente le cosce, unse il suo uccello con il burro e appoggiò la sua cappella all’imboccatura del mio buco. Sentivo la contraddistinzione fra il calore della sua cappella a contatto con la carne, ed il fresco dell’aria che lambiva il culo. Incalzato dai marinai che inneggiavano un “oissaaaa!!!!” sentii che cominciava a premere il suo uccello contro l’imboccatura del mio culo. Io involontariamente cominciai a ruotare i fianchi in maniera da permettere una migliore penetrazione. Il coro dei marinai inneggiava sempre un “ohhh ohhho”, e io dissi “dai fottimi, spaccami il culo con il tuo uccello maschio”. Ma appena sentii penetrare la cappella arretrai immediatamente i fianchi facendola riuscire. Eccitato dalla mia reazione, e consapevole del dolore fisico che mi procurava nello sverginarmi, il tenente esorti dicendo “allarga le cosce cagna, e para il culo che sentirai come ti sfonda un vero maschio militare”. Intimorito dal tono con cui parlava e accondiscendente dato il grado che possedeva, mi riaccucciai, alzando il culo, e proponendomi di resistere a qualsiasi dolore. Il mio sverginatore dette una spalmata di burro al buco del culo, si riunse l’uccello, mi allargò le natiche per meglio centrarmi, e accapò la sua cappella all’inizio del foro. Sentivo l’umidità e la viscosità del burro e contemporaneamente la calda cappella che fremeva. Poi si sorresse ai miei fianchi e strattonò per mettere il suo uccello nel mio culo e disse “senti come si allarga il culo di questa cagna”. Io ancora una volta nel sentire quello scettro di carne farsi strada nel buco del mio culo, svirgolai dalla sua possente morza, non facendomi possedere. Il tenente allora chiamò alcuni marinai dicendo loro di tenere ferma questa verginella che voleva squartarla con il suo cazzo. A quest’ordine cinque marinai vennero in prossimità di me, facendomi accucciare di nuovo. In quattro mi ressero le gambe e le braccia, uno arrotolò un guanciale sotto i miei addominali per non farmi allungare e a strofinare il foro con un dito. Prima lo ruotò un poco, poi rudemente lo mise dentro e disse “obbedisci alla volontà di un tuo superiore, tanto la pena di prenderlo in culo è la prima volta, una volta spanato sarai te che andrai a cercare i militari con gli uccelli più grossi per farti inculare”. Rimosse il dito, e dandomi una pacca sul culo in segno di incoraggiamento sussurrò “ricordati c’è chi lo mette e chi lo prende, te sarai uno di quelli che ne prenderà parecchi”. Sentii che mi fu di nuovo allargato le natiche e ripuntare la calda cappella all’ingresso del mio culo. Con fermezza il giovane tenente si ancorò ai miei fianchi e subito dopo si inarcò premendo il suo uccello contro la fessura del mio culo. Senza preavviso strattonò, arrivando a perforarmi con metà uccello. Io mi contorsi, ma prontamente i militari mi bloccarono e dissero “forza ci sei, sverginalo, rompigli il culo, fagli sentire come è possente il cazzo dei marinai”. Il giovane militare a sentire l’incitamento dei suoi uomini, sferzò un altro strattone finendo di buttarmi nel culo il suo uccello. Ti ho rotto il culo, mi urlò in un orecchio. Io sentii un intenso dolore, avrei voluto scappare via, ma ero trattenuto dai militari. Il corpo nudo del tenente giaceva sopra di me, i suoi peli pungevano lievemente la mia pelle, stette fermo qualche minuto per riprendersi dallo sforzo compiuto e permettere al mio culo di adattarsi al suo uccello. Io allentai la tensione, i marinai mi lasciarono libero allentando a sua volta la loro presa e dissero “ora che hai il culo rotto, comportati da cagna. Muovi i fianchi e impara a far godere il tuo inculatore. Per meglio farti fottere ed entrare l’uccello in culo fai finta di cacare, vedrai che in questo modo velocemente si spana il culo e fai godere tutti di più”. A sentirmi trattato in questa maniera mi sentii veramente oltraggiato ed umiliato, ma obbedientemente cominciai a comportarmi da troia. “Fammi sentire che stallone militare sei, sfondami il culo in maniera da non far dubitare che non sono sverginato” dissi mentre muovevo i fianchi e sforzandomi a non stringere il culo per facilitare la penetrazione. Avevo la sensazione che il culo mi si fosse squarciato, allora toccai con un dito la fessura prima sopra l’uccello, poi sotto, non ravvisando alcuna lesione o strappo, però constatai come buco era teso e stringeva l’inesperto uccello del tenente. Allora cominciai a sfiorare la base dell’uccello con il dito, atteggiamento che fece irrigidire il mio uccello (cominciavo forse ad adattarmi all’idea di essere inculato?), mentre il tenente cominciò a scorrere il dentro del buco con tutto il suo uccello, prima affondando maggiormente per poi estrarlo quasi totalmente. Posseduto in questa maniera il dolore era più intenso, per cui presi le sue palle in mano e cominciai a dirigere i suoi movimenti, in maniera tale che quando le avvicinavo al culo, lui affondava, quando le allontanavo, risaliva. Sentivo che il tenente apprezzava essere guidato nel movimento. Dopo che il mio foro cominciava ad essere allenato, ed al dolore subentrava una certa sensazione piacevole, intesi di raffinare maggiormente l’inculata, sforzandomi come per cacare, in maniera da facilitare la penetrazione allargando il foro, quando il tenente infilava l’uccello dentro il buco del culo, stringendo quando lo estraeva. Non so quanto tempo durò questo sistema di penetrazione, ma quando sentii ansimare il tenente, irrigidirsi e vibrare tutto, capii che stava per inondarmi con il suo seme. Prontamente allontanai le sue palle fino a far uscire la cappella fuori dal buco (non avevo piacere essere riempito di sperma), ma lui si ancorò ai miei fianchi e pigiò l’uccello nel fondo del mio culo. Rimase fermo a quella profondità per qualche secondo, poi sentii inondarmi da una poltiglia viscida e calda che si sparse per tutto il mio culo. Dopo qualche lieve scossa in su e giù, si accasciò sul mio corpo dicendomi “ora oltre ad averti rotto il culo ti ho anche fecondato”. Prontamente risposi “grazie signore di avermi rotto il culo, è soddisfatto adesso che nessun dei due è più vergine”. “la risposta la saprai domani” rispose, “quando ti rifotto dopo che sei stato posseduto da tutti i militari della base e avranno riversato nel tuo culo litri di sperma”. Stupito da quella risposta, mi guardai intorno, e vidi che intorno non c’era più alcun marinaio, ma erano allineati dietro a me a maneggiarsi l’uccello in attesa del loro turno per incularmi. Dopo che il tenente si era alzato mi fu rudemente allargato le cosce e senza tanti preamboli infilzato dall’uccello di un marinaio. Quando anche quel marinaio aveva riversato il suo seme nel mio culo ne seguirono molti altri, i quali oltre alla loro sperma mi riempirono anche di parolacce, insulti ed umiliazioni. La mattina seguente all’adunata mi fu consegnato una busta con dentro le mutande boxer del tenente per essere lavate e stirate, ma dopo alla colazione furono tutti molto carini con me, riservandomi un buon posto per pranzare e un abbondante pasto. Fu così che capii i pregi ed i difetti di essere la “cagna di bordo”, avrei dovuto appagare e prestarmi sessualmente a qualsiasi richiesta dei marinai, ma avrei avuto un trattamento di riguardo nelle consegne e nei servizi da espletare (eccetto il dover lavare le matande boxer o slip dei militari che mi usavano). Questo fino all’arrivo di una nuova recluta “carina e vergine”.

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