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Compagni Di Cella (prima parte)

by Michael (tradotto da Moraldo)


Compagni di cella (prima parte) "Stammi bene Micha" mi bisbigliò mia moglie. "Stammi bene Margot" risposi io quasi automaticamente mentre guardavo nel vuoto davanti alla testa di Margot. Non riuscivo ancora a capire che cosa ci facevo lì: era accaduto tutto così in fretta. Il mio collega la faceva una cosa così sicura. Un camion pieno di videoregistratori; un solo conducente. Purtroppo ci acciuffarono. "Mah, ora passerà certamente molto tempo, prima di poter tenere mia moglie fra le braccia" pensai, mentre facevo ancora un cenno a mia moglie. Risuonò subito la pesante porta d'acciaio che segnava l'inizio della mia reclusione. Prime impressioni Dopo che furono sbrigate tutte le formalità, una guardia carceraria, che non mi trattò certo con i guanti di velluto, mi condusse in una specie di stanza per le ispezioni e mi ordinò di spogliarmi fino alle mutande. La guardia lasciò la stanza e mentre io sbottonavo la camicia, vagavo con lo sguardo attraverso la stanza. Vidi un vecchio lavandino di porcellana, sormontato da un grosso specchio, e un semplice portasciugamani con un bianco telo di spugna. Dall'altra parte c'era un lettino per le ispezioni, come quelli che si trovano negli ambulatori medici; accanto due ganci sul muro, che certamente erano stati messi lì per i vestiti. Appesi la camicia e aprii il primo bottone dei miei jeans. Tirai giù la chiusura lampo e ripiegai i pantaloni sopra le gambe. Dopo di che tolsi anche calze e scarpe. Guardai e vidi nello specchio un ventinovenne, moro, con i baffi, dal corpo snello e non appariscente, che aveva sul petto una leggera peluria nera. I peluzzi si accorciavano in semplici punte verso l'ombelico e finivano sotto l'orlo degli slip rossi. Contemplai intensamente la mia immagine nello specchio e mentre con una mano seguivo la scriminatura dei capelli e mostravo i denti percorrevo, certamente con un inconsapevole gesto di routine, il gonfiore delle mutande, palpandolo una o due volte, per mettere a posto il cazzo e le palle. Il gonfiore si incurvava prima verso l'alto, poi si rovesciava di nuovo nella posizione iniziale. Improvvisamente si aprì la porta ed entrarono due guardie nella stanza. Una delle due prese i miei stracci e lasciò la stanza senza proferire una parola. L'altro, quello che avevo visto poco prima, si avvicinò a me e disse: "Devo ispezionarla per controllare armi o droghe. La prego stia calmo e mi lasci fare. Per favore, divarichi le gambe un po’!" Quindi, prima che potessi reagire il tipo rovistò fra i miei capelli, mi guardò nelle orecchie e nelle narici. Guardò le ascelle e mi afferrò con forza davanti nelle mutande. Agguantò bruscamente sotto le palle -" Allarghi di più le gambe per favore"- mi urlò contro, mi afferrò di nuovo sotto le palle e raggiunse quasi il buco del culo. " Ora ci siamo, per favore" - disse, rovistò ancora in giro per i miei slip, palpò il mio cazzo, il contatto con la mano inguantata di lattice era proprio bizzarro; provò a lungo ma non trovò nulla e quindi mi bisbigliò soddisfatto "OK!". "Ora si giri e si pieghi un po' in avanti - devo ispezionare anche il suo sedere con il dito, si rilassi!", Merda, pensai non mi veniva certo risparmiato nulla. Mi appoggiai sul lettino e mi piegai in avanti. La guardia, tiratomi indietro con uno strattone alle ginocchia, divise con la mano sinistra le chiappe e afferrò nello stesso tempo con la mano destra un grande vasetto di crema. Successivamente posizionò un dito sul mio orifizio e lo ficcò dentro tutto di un colpo, ma palpò con prudenza il mio intestino. L'altra mano era rimasta ferma sulla mia schiena. Potevo vedere attraverso lo specchio che lui non seguiva lo spettacolo, ma guardava fisso sopra la mia testa in direzione del muro, e aveva l'espressione di chi deve eseguire un difficile compito di matematica. "OK!" bisbigliò un'altra volta e tirò fuori il dito dal mio sfintere. Io finalmente rilassai i tratti del viso, mentre lui si sfilava il guanto; poi bussò alla porta. Mi girai velocemente, per potermi tirare su gli slip mentre la seconda guardia entrò nella stanza con un fagotto di nuovi stracci. Il cazzo mi pendeva un po’ in qui e in là e si poteva notare che si era un poco ingrossato. Strano, pensai: probabilmente l'esplorazione nella mia entrata posteriore ha sortito quest'effetto. Mi tirai su le mutande sistemandomi il cazzo e le palle. "Ah fatto il tuo dovere? Disse scherzando la guardia che entrava all'altro. Questi contrasse il viso e disse: " Il prossimo tocca a te tesoro mio!". Rudi Dopo che ebbi indossato la divisa da carcerato, uno dei due funzionari mi condusse attraverso molti corridoi e cancelli fino alla mia nuova dimora: 9981 lessi sulla porta davanti alla quale infine rimanemmo fermi. Il secondino tirò fuori il suo mazzo di chiavi, cercò una chiave e la girò nella serratura. Con uno strattone e mi spinse dentro senza molti complimenti. "Si mangia alle sei" - disse e scomparve. La porta si chiuse pesantemente, l'uomo si allontanò in fretta poi ci fu silenzio. Sulla mia sinistra c'era un letto a Castello, la parte di sotto non era ricoperta, su quella di sopra sedeva: Rudi, e tu?. Rudi stese la mano verso di me. Era seduto in mutande con le gambe incrociate nel mezzo del letto. "Oh"- pensai fra me e me- con lui ti devi comportare bene, altrimenti ti può rendere la vita dura!". Rudi era un torello piuttosto bello, con un sacco di muscoli. Il suo petto e le sue gambe erano coperti da una folta peluria nera e sulle braccia aveva due grossi tatuaggi. I suoi capelli, lunghi e neri, gli arrivavano fino alle spalle e portava la barba lunga di tre giorni. Aveva due cicatrici sulla guancia destra e mi scrutava con uno sguardo intenso dall'alto al basso. "Rudi" ripete' egli e si piegò ancora un poco in avanti con la mano tesa. "Micha", mogio mogio e gli strinsi la mano. La sua stretta era potente, molto potente; e capii che con quella cercava di delimitare il suo territorio. "Tu dormi sotto.", disse Rudi senza accento e diede un tiro alla sigaretta che si era arrotolato da sé. "Tutto chiaro" dissi e incominciai a farmi il letto. "Io vado sempre in giro in mutande, sai, è più comodo. Qui non ricevi nessuna visita inattesa!"Risposi a quella affermazione con un semplice "Mmh" e pensai: mi è del tutto indifferente quello che fai. Dopo che il letto fu pronto, indossai un paio di pantaloni da jogging e mi coricai. Accavallai una gamba sull'altra e osservai il materasso sopra di me. Questa è la tua situazione, Micha, pensai fra me e me, non puoi fare quello che vuoi, non puoi entrare dove vuoi, non puoi neppure più scopare. Quel pensiero mi preoccupava. Margot, doveva ricevere ogni giorno, se non due volte al giorno, la sua sbattuta. Infatti la fottevo per venti minuti e tutto ritornava a posto. Perlomeno, lei mi faceva una sega quando non aveva le giuste voglie. Ma qui, qui dovevo certamente metterci io la mano. Tutto da ridere, come quando ero sbarbatello. Allora mi smanettavo spessissimo. Quando mi tirava forte, me lo sbattevo per bene fino a sei volte in un giorno. Davvero. Hei, ora mi diventa di nuovo subito duro. Mi si sollevarono i pantaloni della tuta con forza. Calma la sotto. Quindi mi addormentai. Solo quando il materasso sopra di me cigolò piuttosto rumorosamente e Rudi iniziò a scendere giù per il letto a castello mi svegliai. Guardai a sinistra e osservai in primo luogo come i suoi polpacci e le cosce apparivano potenti e pelosi. Trovò un appoggio sul mio letto con il piede sinistro. Quindi scivolò giù piuttosto lentamente. Quando toccò terra, lo vidi per un bel po' fino all'attaccatura del petto. Probabilmente voleva risalire sul suo letto o cercava qualcosa. In ogni caso, sentii che rialzava la coperta più volte. Poi mi si mozzò quasi il fiato: il bozzo nei suoi slip era enorme. Così non ne avevo mai visti. Distante quasi 20 cm dalla mia testa, circondato tutto intorno da peli crespi, mi cadeva quasi sul viso. Io sono certamente dotato come un uomo normale li sotto, e ho conosciuto, tizi, che, per esempio nelle docce dopo la palla a mano, con un ciondolo regolare. Davanti ad una cosa del genere ci si ferma, si guarda, si osserva. Ma quando qualcosa di così insolitamente spesso penzola in mezzo a dei peli neri, allora si osserva certamente con più precisione. Ma con che cosa questo tizio ha imbottito le sue mutande: mi fa rimanere realmente senza parole. Con la bocca aperta io osservavo con attenzione l'ammaccatura, non si poteva staccare gli occhi da lì facilmente. E Rudi sembrava ancora occupato, non ci sono parole per paragonarlo o..? Così grande l'avevo visto qualche volta ai Pony, ma non ad un uomo. Il grosso cazzo pendeva pesantemente verso il basso e si allungava sulle palle spesse, grosse come uova di gallina. Le palle tendevano la stoffa delle mutande così tanto da una parte dall'altra, che appena poteva portare il povero Rudi tale massa. In un primo momento pensai semplicemente che la copertura garantiva un maggior volume, ma nei giorni seguenti io lo osservai sempre più spesso anche nudo: era solamente ben fornito. Io osservavo il mio gonfiore e guardavo di nuovo il suo. Non riuscivo semplicemente a crederci. Poi fui assalito come da invidia. Poi considerai, quando QUELLO diventava duro, e vuole fottere una donna- è quasi impossibile. Io non riesco con il mio, che rientra, nella media europea a ficcarlo dentro ad una donna fino alle palle. Scommetto, che lui non ci riesce. E che cosa fa questo vecchio porco: Rudi afferrò con la mano sinistra il bordo superiore delle mutande, lo tirò in avanti impugnò con la destra il suo grasso uccello, lo strinse, lo scappellò e infine lo posò sul lato destro. Per un attimo, vidi i folti peli del pube e il glande spugnoso, che guardava verso di me. Si rimise tutto dentro le mutande e le palle risaltavano ed anche il glande si mostrava molto bene sotto la stoffa grigia. Rudi si girò e andò alla toilette, senza degnarmi di uno sguardo. Si tirò giù le mutande fino alle ginocchia e pisciò nella tazza, mentre tendeva verso di me il culo peloso. Attraverso le sue gambe divise potei vedere le sue palle da toro penzolare. Mi girai con la faccia verso il muro, e percepii uno scroscio, che dopo poco cessò. Mi addormentai di nuovo. Quando mi svegliai sentii dei leggeri schiocchi e un respiro pesante. Io mi girai con tutto il corpo e incontrai subito lo sguardo di Rudi. Mentre mi osservava, ghignava. Aveva posto una sedia proprio di fronte al letto. Vi si era seduto a gambe larghe. Aveva abbassato le mutande fino ai polpacci, e menava il suo cazzo da cavallo piuttosto lentamente mentre accarezzava con la mano destra le grosse palle. Mi guardava con malizia e sembrava eccitarsi di più alla vista della mia espressione di stupore sulla faccia. Deciso, con il pugno chiuso spostava lentamente il prepuzio sopra il glande bagnato. Su e giù, lentamente, e il cazzo rumoreggiava molto voluttuosamente. Rudi non rideva: ghignava verso me beffardo. - Ti piace il mio cazzo ? mi domandò in fretta, senza distogliere lo sguardo da me. Io non risposi. Riuscivo solo a guardare quel mostro, che lui lavorava. - Vorresti toccarlo ? volle sapere Rudi. - Non credo tu sia normale, come fai a resistergli ? Il movimento della sega aumentò notevolmente e diventò più incontrollabile. - Ora sparo sicuro, Micha guarda bene, questo succo è tutto per te." In quello stesso momento spruzzò la sborra contro il suo petto peloso, che poi rifluiva in molti rivoli giù verso le palle. " A MANGIARE"- si sentì risuonare attraverso la porta mentre qualcuno vi si fermò davanti. Rudi si alzò rapidamente e si ripulì nel lavandino. Nello stesso momento si aprì la porta e un compagno di prigionia, accompagnato da un secondino, entrò nella cella con un vassoio, lo appoggiò e si affrettò a portarne dentro un altro. - Buon appetito" disse lui, guardò verso Rudi, che stava ancora davanti al lavandino con le mutande calate, poi guardò me e mi sorrise con malizia. Mi sorrideva furbescamente in faccia e sembrava che sapesse già cosa aveva avuto luogo poco prima là. O credeva di saperlo. Insolite fantasie segaiole. Nei giorni successivi Rudi non perdeva un'occasione per tentare di sedurmi; ad esempio mi fece toccare una volta il suo cazzo; dormiva nudo e la sera, prima di andare a letto, girava intenzionalmente senza slip, dondolando il suo grosso cazzo in qua e in là. Frattanto mi ero abituato alla vista di questo mostro fra le sue gambe, tuttavia non potevo semplicemente ignorarlo, quando di continuo lo lasciava penzolare davanti a me. Diciotto centimetri di cazzo sempre a penzoloni con due grossi mandarini che si staccavano dal corpo molto nettamente. Io evitavo di conversare con lui, tanto poi tutto scivolava su di un unico tema.Voleva sapere quando io avevo chiavato mia moglie per l'ultima volta; come era stato, e come ero riuscito ad attizzarla. Inoltre, volle sapere quanto tempo resistevo o se preferivo un pompino o una scopata o se avessi avuto qualche rapporto con un uomo o mi fossi ficcato un dito in culo. Io negavo e egli mi compativa con un ghigno: - Così io sarei il primo per te! - Lasciami in pace", rispondevo io sempre e facevo spallucce. Speravo che mi lasciasse tranquillo la notte e che non continuasse a infastidirmi, o così almeno speravo. Poiché la pressione nelle mie palle saliva, mi sparavo una sega la notte, quando da sopra percepivo un russare liberatorio. Io sborravo poi in un fazzoletto e mi ripulivo. Mi faceva bene scaricare di nuovo il mio latte e così ogni notte godevo del rilassamento. Le mie fantasie ruotavano attorno a Pamela Anderson, che a carponi sul mio letto succhiava la mia stanga, mentre io palpavo le sue grosse tette e poppavo la sua figa. Gli ultimi due giorni, tuttavia, sognai qualcosa di diverso. C'era sempre quella gran figa in calore, tuttavia compariva nei miei sogni anche Rudi ed era lui che spingeva il suo salamone dentro Pamela fino farla svenire. Pamela sembrava aprirsi in due, urlava dal dolore, mentre il grosso uccello di lui affondava nella sua figa bagnata. - Ora la rompe, la rompe pensavo io continuamente. Lei non lo sopporta più un uccello così, da cavallo. - Si fottila così bene, fottila Rudi, con il tuo cazzone, fottila. La cosa iniziava in maniera innocente; prima Rudi stava da parte e guardava mentre Pamela ed io chiavavamo. Mentre lui si sfregava il grosso gonfiore nei pantaloni da jogging, guardandomi in viso mi sorrideva con malizia. Poi fottevo Pamela solo con le dita. Con la mano sinistra premevo assieme le labbra e con la destra pigiavo nel buco con tre dita. Quando lei era bagnata per benino e le mie dita luccicavano completamente, Rudi mi faceva cenno con il capo, e io dovevo tirargli i pantaloni della tuta giù fino alle ginocchia, strappargli via le mutande e succhiare fino il grosso cazzo, che mi volava direttamente in faccia, fino a che era bagnato ben bene. Più di una volta quel coso sballonzolava di qua e di là, e non era facile per un novellino come me afferrare il suo cazzo con la bocca. Il perché io non abbia mai usato le mani non lo so ancora. In ogni caso, succhiavo la sua pertica forzando la mia testa avanti e indietro. Rudi stava con le gambe larghe davanti a me e mi premeva ritmicamente il cazzo contro il palato. Poi lo tirava fuori e mi faceva capire che ora voleva scopare. Io dovevo prendergli l'uccello in mano e ficcarlo in Pamela che ormai sbrodolava. Io premevo il grosso glande dentro il buco della fica e lo sventolavo su e giù per la sua fessura un paio di volte. Poi posizionavo nuovamente la grossa testa del cazzo e lo pigiavo forte nel buco di lei. Non voleva proprio entrare nonostante lei fosse così bagnata. Allora glielo prendevo con entrambe le mani, lo menavo ancora un po' e lo premevo con più forza nel buco. Infine il suo pertugio si apriva e lei iniziava a gemere con molta veemenza. Quanto più affondavo la grossa mazza, tanto più forte si poteva sentirla gridare. Quando infine lui era completamente entrato, lo tirava fuori per affondarlo dentro tutto in un colpo. Io mi ricordo anche, che mentre lui la fotteva ben bene, io da dietro gli palpavo le grosse uova. Io non so perché, ma io giocavo con le sue palle da bigliardo: me le facevo cadere fra le dita, le alzavo e le abbassavo come se volessi pesarle, le palpavo con forza e le tiravo. Già, gli stiravo proprio il sacco. Che fantasie bestiali, non è vero. Ma ero talmente eccitato che il mio cazzo sprizzava la sborra in un alto arco. Mai avrei pensato che un uomo potesse così attizzarmi. Ma lui aveva questo fascino da macho, mi poteva guardare da capo a piedi con la sigaretta all'angolo della bocca con tale indolenza, da farmi sentire subito eccitato: avvertivo come un prurito alle palle. Mai gli lasciai capire quanti fossi invogliato da lui in quel momento. Io lo trattavo spesso, per quanto era possibile, con indifferenza e questo lo divertiva. - Dai - mi diceva sempre,- non fare così. Tu lo vuoi sentire questo!- Oppure, quando mi gironzolava intorno con il cazzo ciondolante osserva tranquillamente: - Guarda che stai per cedere, non vedi cosa ti aspetta! Io gli giravo le spalle sprezzante e facevo cenni di dissenso. - Ma, che cosa dici! In realtà mi si ingrossava regolarmente il cazzo e mi prudeva per l'eccitazione facendomi quasi perdere il senno. Il giorno della verità Due volte la settimana dovevamo svolgere dei lavori nell'officina. Li facevamo delle sedie per una comunità vicina. Si lavorava sempre in coppia ad ogni tavolo da lavoro. Quello di Micha e mio era in fondo all'officina. Portavamo dei pantaloni grigi da lavoro con la giacchetta. Sotto una maglietta dello stesso colore. Odiavo quella stoffa, era tremendamente rigida e grattava contro la pelle. Io avevo appena serrato il bracciolo in una morsa quando guardai di sfuggita verso Rudi. Guardai subito di nuovo: non potevo credere ai miei occhi. La cerniera dei suoi pantaloni da lavoro era stata tirata giù e il suo cazzo duro come un bastone guardava fuori dall'apertura. Aveva anche tirato fuori le sue palle senza badare più a me. Limava, come se niente fosse la gamba di una sedia, che aveva bloccato davanti a sé. Ad ogni colpo di lima, il suo ciondolo oscillava di qua e di là per un bel po'. Il suo cazzo altalenava di continuo poiché le spinte non si fermavano mai. La pelle del prepuzio liberò quasi del tutto il glande, che era turgido e rosso scuro. Ormai non potevo più fare ameno di osservare il suo cazzo ballonzolante e perdevo sempre più la concentrazione sul lavoro. Dopo dieci minuti buoni Rudi cambiò posto e si mise così vicino a me, che il suo gigantesco uccello colpiva di continuo la mia coscia. Io mi comportavo come se non mi fossi accorto di nulla e continuavo a piallare il mio pezzo. Rudi piallava sempre più velocemente e mi accorsi che laddove il suo cazzo mi scontrava ero tutto umido. " Fallo ora! " mi sussurrò all'orecchio senza distogliere lo sguardo dalla gamba della sedia. Io ero come impietrito. Il mio cazzo era già da tempo duro come il ferro e accanto a me c'era un cazzo ancora più duro …e che razza di cazzo e io .. io non potevo muovermi. Io guardavo il suo cazzo, che sfregava ancora contro la mia gamba; ero rigido come vicino ad un furfante. Io alzai le mie sopracciglia e guardai in giro, riguardai verso il suo cazzo e poi l'afferrai. Pensai, sentirsi così eccitato per il cazzo di un estraneo. Gli menai l'asta lentamente tirandogli la pelle del prepuzio avanti e indietro. "Finalmente", sentii dire a Rud,i e lo guardavo mentre continuava a lavorare, come se nulla fosse. Lo menavo con una lentezza straziante, quindi interruppi e tastai le sue palle taurine. La mia mano sinistra poggiava come prima sul banco da lavoro. E continuavo a menarlo. "Più veloce" fu l'ordine di Rudi mentre guardava senza attenzione sul tavolo da lavoro davanti a lui. I due uomini che lavoravano davanti a noi non si accorsero per nulla di quel gioco, che noi facevamo. Io menai un poco più svelto. Rudi respirava più affannosamente e bisbigliava attraverso la fatica: "Si vengo" sussurrava. Io tiravo ora il suo cazzo con passo sostenuto e cercavo di farlo venire in modo che nessun rumore ci potesse tradire. Improvvisamente Rudi trattenne il respiro e chiuse gli occhi. Io lo osservavo, e prestavo attenzione allo stesso tempo a come il suo cazzo si gonfiava e iniziava a spruzzare. Parecchi schizzi di caldo seme mi spruzzarono i pantaloni, il resto cadde sulle piastrelle del pavimento. Io rallentai lo smanettamento e strizzai fuori le ultime gocce dal cazzo. Subito tirò indietro il suo bigolo e lo sistemò nei pantaloni, ritirò su la cerniera, si schiarì la gola e riprese a piallare. Lo osservai a lungo sbalordito e aspettavo. Ma non accadde niente altro. "E io?", mi domandai deluso. Non accadde più nulla quel giorno. Autore Michael (Men On The Net erotic stories) Titolo originale: Knäste Brüder Tradotto liberamente da moraldo@gay.it Due to international translation technology this story may contain spelling or grammatical errors. To the best of our knowledge it meets our guidelines. If there are any concerns please e-mail us at: CustomerService@MenontheNet

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1 Gay Erotic Stories from Michael (tradotto da Moraldo)

Compagni Di Cella (prima parte)

Compagni di cella (prima parte) "Stammi bene Micha" mi bisbigliò mia moglie. "Stammi bene Margot" risposi io quasi automaticamente mentre guardavo nel vuoto davanti alla testa di Margot. Non riuscivo ancora a capire che cosa ci facevo lì: era accaduto tutto così in fretta. Il mio collega la faceva una cosa così sicura. Un camion pieno di videoregistratori; un solo conducente.

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